Nonostante la comunità scientifica sia consapevole del fatto che per poter curare al meglio un individuo sia necessario applicare metodi e modalità per lui più adeguate e congeniali, sa che per comunicare chiaramente tra i diversi professionisti è necessario classificare, per poter parlare nel modo più oggettivo possibile.
L’età di esordio dei disturbi del comportamento alimentare negli ultimi anni si è sensibilmente abbassata e la classificazione indicata nel DSM IV non può essere adeguata ai bambini, “i bambini non sono piccoli adulti, sono bambini, non sono le categorie degli adulti rimpicciolite a poterli descrivere ma ce ne vogliono altre, peculiari.” (da Le mani in pasta di Laura Della Ragione e Paola Antonelli)
Per ovviare a questa difficoltà possiamo considerare valida la classificazione fatta da Irene Chatoor chiamata “classificazione zero-tre”, che considera i disturbi dal punto di vista relazionale.
Il cibo viene visto come un mezzo utilizzato per una regolazione emotiva da parte dei bambini e delle bambine.
La classificazione parla dei seguenti disturbi:
Tale disturbo è diagnosticabile fin dai primi tre mesi di vita del bambino e si evidenzia con irritabilità, non aumento di peso, irregolarità del ritmo sonno-veglia.
Questo disturbo reca grandissima difficoltà per il caregiver di riferimento del bambino in quanto, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, le attenzioni alla sua crescita di peso sono molto elevate e il più grande desiderio è quello di vedere il bambino o la bambina sazio e rilassato, che si riposa serenamente. (Anche perché questo è il momento in cui il caregiver può rilassarsi in un momento di grandi fatiche)
Si può diagnosticare tra i due e gli otto mesi e si evidenzia con una situazione di attaccamento non sano tra bambino e caregiver.
Il bambino evidenzia un attaccamento disorganizzato e da questo deriva la difficoltà alimentare.
Denominata anche “disturbo alimentare della separazione”, ha il suo esordio tra i 6 mesi e i 3 anni.
Si caratterizza per selettività estrema e fortissima opposizione ai genitori, i quali vivono una situazione di estremo disagio e frustrazione rispetto l’incapacità di gestione dell’alimentazione del figlio.
Emerge nel momento in cui il bambino si approccia ai cibi solidi; è molto selettivo rispetto a determinati cibi e a determinate consistenze, caratteristiche e colori. Tale evitamento del cibo porta a malnutrizione e denutrizione.
Il bambino ha avuto episodi di vomito molto violenti o soffocamenti accidentali e questo ha generato un approccio fobico al cibo.
Fondamentalmente il filo conduttore d tutti i disturbi sopra elencati è la relazione, perciò la risoluzione sta propria nella cura delle relazioni.
Dott.ssa Laura Bellini