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Esistono vaccini psicologici che possono rafforzare le nostre difese?

Nel 1991 una delle riviste medico-scientifiche più prestigiose al mondo, il New England Journal of Medicine, pubblicava i risultati di una ricerca condotta dallo psicologo USA Sheldon Cohen. Una situazione sperimentale in cui due gruppi omogenei di soggetti, uno sottoposto ad uno stress psicologico e l’altro no, venivano esposti a virus respiratori (tra cui il coronavirus tipo 229E).

Avendo controllato tutte le variabili possibili (salute, biografiche, sociali) veniva valutato il rapporto tra livello di stress psicologico e conseguenze del virus. Emerse una costante: man mano che salivano i livelli di stress saliva la percentuale di infezione e raffreddore: il 74% di infiammazione e il 27% di raffreddore tra i meno stressati contro il 90% e 47% rispettivamente nei più stressati. L’esperienza di stress psicologico faceva una differenza di 20 punti nella possibilità di ammalarsi (Cohen et al. 1991).

Oltre dieci anni dopo, nel 2002, un’altra prestigiosa rivista, quella dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (PNAS) pubblica una ricerca analoga, nella quale si sono indagati l livelli di un fattore di trascrizione cellulare (NF-kB), in sostanza un interruttore che regola l’attività del DNA, in questo caso modulando la produzione di sostanze infiammatorie. I soggetti sottoposti a stress psicologico (un compito da eseguire), a differenza degli altri, dopo pochi minuti vedevano aumentare l’attività di questo fattore di ben 700 volte: il loro corpo stava producendo sostanze infiammatorie (Bierhaus et al. 2002).

L’infiammazione è un fattore protettivo dell’organismo nel breve termine, ma se prolungata in modo incongruo o cronicizzata diventa uno dei principali fattori di passaggio dalla salute alla malattia.

Sono passati anni da questi studi pioneristici e oggi abbiamo una solida letteratura scientifica che evidenzia il rapporto tra psiche e sistema immunitario (Lazzari & Bottaccioli 2012), che ci mostra anche quali sono i canali fisiologici e genetici attraverso i quali questo avviene.

Dopo un anno di pandemia e con il 44% degli italiani con uno stress tra 80 e 100 (dato 16 dicembre) forse è il caso di riflettere su queste cose. Che non solo ci mostrano le basi scientifiche di una relazione intuita da molti ma ben conosciuta da pochi e poco considerata nella pratica, ma illuminano anche un altro aspetto: il nostro sistema immunitario può proteggerci di più o di meno, il rapporto virus-malattia non è scontato e così l’impatto dell’eventuale malattia.

Una recente revisione della letteratura (Dantzer et al. 2019) mostra un importante rapporto tra una psiche più resiliente e una immunità più forte. Come dice l’American Psychological Association la “resilienza è la capacità di gestire le situazioni difficili e non è una caratteristica che le persone hanno o non hanno, ma può essere appresa e sviluppata da tutti.”

Ancora una volta viene messo in luce che il rapporto tra ambiente e individuo è in buona parte modulato da come vediamo le cose e che l’attività psichica - pensieri, vissuti, emozioni, comportamenti – esercita un influsso costante sul sistema immunitario. Non a caso negli anni -70 del 900 nasce una specifica area di studio chiamata “psiconeuroendocrinoimmunologia”, un nome complicato ma esplicativo perché è soprattutto attraverso il sistema nervoso ed endocrino (gli ormoni) che l’attività psichica influenza l’immunità e viceversa.

In un recente articolo, significativamente intitolato “Promoting the resilience of the italian population against SARS-Cov-2” (2020) io e altri (Bottaccioli F e AG) abbiamo documentato l’importanza di promuovere la resilienza non solo per i suoi effetti sulla società e la salute psicologica ma per rinforzare l’immunità e difendere la salute fisica.

In una cultura che tende a vedere psiche e corpo, benessere psicologico e salute fisica, come due cose separate non è facile adottare queste indicazioni come elementi di una strategia complessiva, ma la pandemia deve insegnarci qualcosa oltre a toglierci qualcosa o (spesso) molto.

Anche perché, nonostante il vaccino, questa situazione si trascinerà, purtroppo, ancora per molto tempo e ci troviamo con un 15-20% stimato della popolazione con bisogno di sostegno e cure psicologiche e molte di più in una situazione di stress cronico. È quindi evidente che dobbiamo porci il problema e pensare a un ventaglio di risposte in base alle esperienze disponibili.

Non facciamo allarmismi, già ce ne sono troppi nei media, è invece importante sapere che ognuno di noi può sviluppare resilienza e immunità e che esistono dei “vaccini” psicologici che possono rafforzare le nostre difese, a livello individuale e collettivo.


Dott. David Lazzari, Presidente Nazionale dell'Ordine degli Psicologi

Esistono vaccini psicologici che possono rafforzare le nostre difese?

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